Dal polso al cloud, monitorare è diventato un gesto naturale.
I sensori sono i miei occhi invisibili: mi avvisano, prevedono, imparano.
Sveglia presto — oramai non si dorme più la notte, ma la mia sveglia è differente e già si parte col sorriso. Log della glicemia appena sveglia. Poi meditazione e yoga dolce, seguiti dall’iniezione di insulina lenta. Annoto tutto sull’app Dexcom: glicemia, dosaggio, sensazioni.
La colazione è una questione di proporzioni e memoria. 1 unità di insulina se c’è caffè e una Gocciola Pavesi, 2 unità se opto per la galletta di amaranto con marmellata di fichi. Le app Conta su di Me e Lifesum mi aiutano a conteggiare i carboidrati e a calcolare i dosaggi. Tutto è tracciato, tutto ha un senso.
5 giorni su 7 vado in palestra prima del lavoro, il venerdì è per il pilates - così come è per l'Ozempic settimanale. Apple Fitness+ registra tutto, insieme all’app della palestra. Poi doccia, misurazione e via al lavoro.
Merenda: caffè e biscotto o tè e una briciola di torta fatta in casa, oppure uva — la mia preferita. Le ipo arrivano improvvise: vertigini, mani che tremano, respiro corto, poi l’aggeggio che suona, spietato ma giusto.
A pranzo i conti tornano. Se la cena prevede carboidrati complessi, bilancio con più proteine. L’equilibrio è l’unico algoritmo che non sbaglia mai. Poi ancora calcolo, insulina, pranzo, movimento dolce per la schiena e di nuovo lavoro.
La tecnologia è la mia rete neurale esterna. Non è infallibile, ma è fedele. Gestire il diabete non è sopravvivere, è imparare a convivere con una versione aumentata di sé — un bio-sistema che evolve, corregge, analizza e, soprattutto, non si arrende mai.